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QUESTA E’ UNA STORIA VERA (Racconto di vita vissuta).
Questo racconto è dedicato a tutti coloro che si trovano nelle
mie condizioni………………………..ma in particolar
modo a mio marito……………………. ai miei figli e alle loro famiglie
………………… a tutta la mia famiglia
(genitori, fratelli ecc. ecc…………….. ) parenti, amici……………………….. e a tutti
coloro che mi hanno sostenuto in questa difficile battaglia, che non finiro’ mai di ringraziare, per tutto
l’amore che hanno dimostrato nei miei confronti…………………………………………….
La mia storia è iniziata circa 2 anni fa (10 febbraio 2010 )
quando per un dolore al petto mi sono ritrovata ad affrontare una ( cosa………………)
che mi ha costretto a prendere contatto con una realta’ che conoscevo solo in
modo superficiale e della quale mi rendo conto solo ora che la sto vivendo.
Sono stata catapultata in questa realta’ dopo una visita al
pronto soccorso dell’ospedale di Suzzara ( dopo il malore), per un dolore al
rene sinistro che mi aveva fatto pensare ad una colica, ma dalle prime analisi
mi era stato riscontrato il valore della glicemia molto alto. Dopo una notte
passata in astanteria , con una flebo al braccio, il dolore si è attenuato, al
mattino, dietro consiglio del primario del pronto soccorso, mi è stato chiesto
se avessi voluto consultare il diabetologo dell’ospedale, ho accettato, quando
mi ha visto abbiamo chiacchierato un po’, ma dal momento che non ero molto in
forma mi ha chiesto se preferivo tornare il giorno dopo per una visita.
Ci siamo visti il giorno seguente e il diabetologo mi ha
prescritto una cura e mi ha indicato di seguire un certo tipo di dieta. Dopo
qualche giorno mi sono recata di nuovo in ambulatorio per un controllo perché
dopo aver iniziato la cura, il mio cuore di tanto in tanto batteva in modo
eccessivo. In un primo momento pensavo che questo disturbo fosse dovuto alla
cura iniziata, ma evidentemente c’ erano anche altri problemi e durante una
visita, il diabetologo, mi aveva riscontrato dei problemi al cuore. Mi ha
prescritto alcuni esami urgenti e senza perdere tempo sono andata a prenotarli.
Nel giro di pochi giorni sono riuscita ad ottenere gli
appuntamenti per un E.C.G. , ma specialmente un ecodoppler e una visita
cardiologica.
Mi sono recata in ospedale nel primo pomeriggio del 26 febbraio
2010 per un esame, l’ecodoppler, ero la prima, quindi ho avvisato mio marito
che sarei tornata presto, lungo la strada mi sono anche fermata 5 minuti per
salutare mia madre.
Arrivata in ospedale, mi hanno chiamata subito e il
cardiologo eseguendo l’esame mi chiedeva spesso: signora lei sta bene? Sente
dolore da qualche parte? Io gli rispondevo che stavo bene, ma poi quando un
medico te lo chiede tante volte con aria preoccupata ti viene qualche dubbio.
Poi mi ha chiesto di aspettare sul lettino per qualche minuto per chiamare un
suo collega e mostrargli il mio esame. Al che mi sento di nuovo rivolgere le
stesse domande: signora lei sta bene? Sente dolore da qualche parte?
Io non sapevo piu’ che cosa rispondere, ho chiesto loro una
spiegazione che non hanno voluto darmi subito e senza farmi scendere dal
lettino mi hanno portato con una lettiga a fare una TAC urgentemente. Mi ero
recata in ospedale da sola, mi hanno quindi chiesto di avvisare mio marito, gli
ho telefonato e mi ha detto che sarebbe arrivato subito. Ho fatto la TAC, io
ormai ero agitatissima e spaventata, uscendo dalla sala della TAC, infondo al
corridoio ho visto mio marito, ho parlato un po’ con lui e dopo un po’ di tempo
ci hanno dato l’esito degli esami. Sinceramente non sentendo nessun dolore non
pensavo ad una cosa cosi grave, al punto che ho addirittura chiesto al primario
del pronto soccorso di poter andare a casa e ritornare il giorno dopo, lui mi
chiese se intendevo scherzare e che c’era gia un’ambulanza che mi aspettava per
condurmi a Mantova.
Mi hanno diagnosticato una dissezione
dell'aorta ( ascendente ), nella mia incredulita' , sotto consiglio dei medici
e di mio marito sono partita per questo lungo viaggio che mi ha portato lontano
da casa per un po' di tempo, circa 8
mesi..........................................
Sono partita dall'ospedale di Suzzara per
quello di Mantova, con l'ambulanza del 118, in codice rosso, a sirene spiegate,
mi sembrava cosi strano..................................... il medico presente
sull'ambulanza nel frattempo mi informava di quello che avrei dovuto
affrontare, l'intervento al cuore, quando mi spiegava e mi metteva al corrente
del mio problema, lo vedevo cosi preoccupato, al punto che io lo ascoltavo con
rassegnazione e non sapevo piu che cosa pensare, cosi mi sono messa il cuore (
l'animo ) in pace e ho accettato la situazione.
Arrivata a Mantova, dopo alcuni esami di
routine, non sono stata sottoposta subito all'intervento perche' i medici,
osservando le mie condizioni non hanno ritenuto che sussistessero ragioni
urgenti per un'operazione immediata, quindi mi hanno trasferita, in UNITA' CORONARICA , con la premessa che qualora le mie
condizioni fossero cambiate, in qualsiasi momento sarei stata sottoposta
immediatamente all'intervento.
La mia famiglia era stata messa al
corrente della situazione ed erano in costante contatto coi medici. Sono
trascorsi 4 giorni in osservazione senza cambiamenti.
Arrivato il giorno dell'operazione, prima
di partire per la sala operatoria, ho voluto salutare i miei familiari, che mi
hanno accompagnato fino al comparto operatorio, davanti alla sala di
emodinamica, hanno acconsentito loro ad accompagnarmi poiché le mie condizioni
erano molto serie. Come primo esame, sono stata sottoposta a coronografia, ma
dopo qualche minuto , a causa dell'anestesia non ho piu visto
niente..............................................
Dopo avermi accompagnato verso il mio
destino, i miei familiari si sono seduti fuori dalla sala operatoria, in attesa
di notizie……………………………………………..
Sono entrata verso le nove, la mia
famiglia era molto in apprensione perché non sapevano come sarebbero andate le
cose, ma sapevano che l’attesa sarebbe stata molto lunga. Di tanto in tanto
usciva qualche assistente che li
informava su quanto accadeva dentro, man mano, col passare delle ore, le
persone che attendevano fuori aumentavano. A casa con i miei genitori c’era mia
cognata che cercava di tenerli tranquilli……………………………………………… la tensione
aumentava, col passare delle ore gli assistenti che uscivano dalla sala
operatoria rassicuravano i miei familiari, informandoli che l’intervento era
quasi giunto al termine e riferendo ai miei che “tutto sommato” le mie
condizioni erano abbastanza buone e stabili.
Ho lasciato la sala operatoria e sono
stata trasferita in rianimazione, dopo le sette di sera ……………………………….
Hanno permesso ai miei familiari di
vedermi, poi sono tornati a casa, mi
hanno tenuto in coma farmacologico per tutta la notte e il giorno dopo, al
risveglio, mi hanno fatto delle domande, per controllare le mie funzioni
cognitive, io non ricordo nulla, ma dicono che io abbia risposto correttamente ricordando
ogni cosa.
Mi sono sottoposta ad un’operazione, ( a
cuore aperto), con timore, ma anche con tante speranze, molto fiduciosa di
uscirne in buone condizioni.
Non ho mai pensato al peggio anche nei
momenti piu’ difficili, perché ignoravo la maggior parte delle difficolta’ che
avrei vissuto in seguito all’intervento.
Il 2 marzo 2010 è stato il giorno che ha
cambiato la mia vita perché dopo una lunga e difficile operazione………………………… al
risveglio mi sono ritrovata con gli arti inferiori immobilizzati ( PARAPLEGIA
).
PARAPLEGIA: questo termine estraneo, che non mi apparteneva e che mi faceva pensare
a qualcosa di passeggero, che potesse accadere solo ad altri e che avrei
superato con qualche cura e tutto sarebbe tornato come prima…………………………………… ma la prima volta che ho sentito un medico
rivolgersi a me con questo termine, sono rimasta perplessa e senza parole, non
volevo rassegnarmi a pensare ad essere proprio io l’interessata……………………………..
non potevo crederci, la mia mente era pervasa e offuscata da questo pensiero, sembrava
che fluttuasse sopra una nuvola, ed io mi rifiutavo di scendere con i piedi
sulla terra……………..
In un primo momento pensavo che fosse
dovuto all’effetto dell’anestesia e che pian piano si
risvegliassero…………………………….. ma col
passare dei giorni la situazione non cambiava, le mie gambe si muovevano solo
con riflessi e spasmi, il mio cervello non riusciva a comandarle.
Mentre ero nel mio letto in rianimazione,
mi toccavo le gambe, ma le sentivo fredde e distanti come se appartenessero ad
un altro corpo, ero intubata e non potevo parlare, la mia famiglia veniva a
farmi visita e comunicavo con loro per mezzo di una lavagnetta sulla quale
scrivevo, per esprimere tutti i pensieri che mi passavano per la mente, mi
chiedevano come stavo e cosa sentissi a livello degli arti inferiori, pensando
che pian piano avrei potuto riacquistare un po’ di movimento, ma col passare
dei giorni la mia situazione non cambiava. Nel frattempo mi accorgevo che i
tempi di permanenza nel reparto di rianimazione erano mediamente di qualche
giorno e poi i pazienti venivano dimessi e trasferiti in reparto o in riabilitazione,
mentre io rimanevo in rianimazione perché le mie condizioni di salute destavano
preoccupazione.
Il mio complicato quadro clinico
riguardava (anche) il mio respiro, una cosa che mi portavo da quando ero piu’
giovane e mi ha sempre ostacolato, avevo sempre il respiro affannoso, spesso
avevo il fiato corto e anche dopo aver fatto molte cure, anche a base di
medicinali con cortisone, non ho mai
avuto sostanziali miglioramenti.
I miei parenti venivano sempre a
trovarmi, ma fino a quando ero intubata, non volevo che venissero a trovarmi i
miei genitori perché temevo che vedendomi con il corpo pieno di tubi, essendo
anziani, si sarebbero impressionati e sarebbero stati male. Sapevo che per le
mie condizioni erano molto in ansia e quindi
dopo qualche giorno, d’accordo
con i miei fratelli, abbiamo pensato di farli venire e renderli partecipi di
quanto accadeva per non farli stare ancora più in ansia, quando mi hanno vista
abbastanza sorridente e col morale alto si sono tranquillizzati.
Sono stata molto felice vedendoli,
guardando i loro occhi, li ho visti sereni, ma se avessero potuto, avrebbero
caricato su di loro tutte le mie sofferenze, come qualunque genitore che ama un
figlio e ne desidera solo il suo bene. Non sono mai mancati a farmi visita
(nonostante la giovane eta’), i miei
nipoti Valentina e Alberto che vedendo tutto (l’impianto della sala di
rianimazione) non si sono mai impressionati e hanno preso atto di una relta’
che non conoscevano………………..
Dopo una decina di giorni sono stata
stubata perché la mia situazione a livello del tronco era leggermente
migliorata ed io avevo molta fretta di partire per un centro di riabilitazione
per fare in modo di provare a recuperare l’uso degli arti inferiori che in quei
momenti mi sembrava la cosa piu’ importante a cui pensare. Venivano anche i fisioterapisti
nella mia stanza per muovermi le gambe, ma nonostante questo, pensavo che quel
movimento non era sufficiente e dovevo fare di più per riuscire a comandare
quegli arti che non riuscivano più a muoversi, ricordo anche il primario del
reparto, ogni mattina, mentre faceva il giro delle visite si fermava nella mia
stanza e mi chiedeva di mostrargli anche un piccolo movimento, almeno un dito
di un piede, ma invano………….. non ci sono mai riuscita.
Prima di partire per la riabilitazione,
ho trascorso una notte in una stanza del reparto di cardiochirurgia, e mi
sembrava già un gran miglioramento, non sono riuscita a dormire, dal momento
che ero emozionata per la partenza.
Sono partita per il piu vicino centro riabilitativo,
era una domenica pomeriggio ed era il secondo giorno che mi trovavo li, ho
ricevuto molte visite di parenti e amici, faticavo un po’ a respirare e avevo
il fiato corto, però speravo che con i farmaci adeguati e l’ossigeno piano
piano avrei migliorato, i visitatori poi sono andati a casa, io avevo l’ossigeno,
ero monitorata, ma non riuscivo a
calmare il respiro che era sempre più affannoso.
Mio marito era andato ad accompagnare a
casa i suoi genitori, erano rimasti ancora li i nostri figli e la nuora, mi
guardavano stando fuori dalla porta. Io li guardavo e con gli occhi gli facevo
capire che c’era qualcosa che non andava, la situazione diventava sempre piu’
convulsa ed io in piena crisi respiratoria imploravo i medici presenti di fare
qualcosa per il mio respiro, ma mi sentivo solo rispondere di stare calma e
tutto si sarebbe risolto. Vedendo la situazione, i miei figli hanno iniziato ad
arrabbiarsi per smuovere le cose, nel
frattempo tutto stava precipitando in un brutto epilogo, non riuscivo a
respirare e non credevo di farcela a superare quel momento, i ragazzi hanno
avvisato suo padre che è tornato indietro prima possibile………………………….. forse
senza la loro presenza le cose avrebbero preso una brutta piega e io non sarei
qui a raccontare la mia storia.
All’arrivo dell’ambulanza del 118 , mi
hanno trasportato di nuovo all’ospedale
di Mantova, nel frattempo mi hanno
addormentata e intubata (a mia insaputa), e ……………….arrivata in ospedale,( per controllare
che tutto fosse in ordine), mi hanno aperto di nuovo il torace per verificare
se l’intervento avesse subito qualche danno. Quando mi hanno aperto il torace
per la seconda volta, ero completamente piena di liquido che si era formato a
causa della crisi respiratoria (EDEMA POLMONARE) e con la fuoruscita del
liquido ho ripreso di nuovo le mie funzioni vitali e il mio cuore ha
ricominciato a battere in modo regolare. Al mio risveglio mi sono ritrovata di
nuovo in rianimazione e intubata.
I giorni passavano lenti, il personale
medico e infermieristico mi era sempre molto vicino e i parenti che venivano
spesso a farmi visita erano sempre numerosissimi. Io avevo gia iniziato ad
alimentarmi con cibo solido, ma naturalmente il cibo della rianimazione certe
volte lasciava un po’ a desiderare, (tuttavia avevo un angelo in
rianimazione che ogni giorno mi faceva
avere delle piccole delizie), la Pasqua si avvicinava e
scherzando…….scherzando, la mia famiglia mi chiedeva se avessi gradito mangiare
i cappelletti, io li sognavo e pensavo
che li avrei mangiati proprio volentieri, allora mia zia si è offerta di farli
piccolissimi solo per me per poterli ingoiare facilmente anche se ero intubata.
Il personale infermieristico della
rianimazione non credeva ai suoi occhi, perché per loro era impossibile mangiare
dei cappelletti con due tubi in gola, ma
la voglia era tanta che ho dimostrato a tutti che ci sono riuscita, poi man
mano sono arrivate anche le varie macedonie, mozzarelle di bufala, pasticcini
ecc . ecc…………, mi coccolavano tutti e il mio corpo cominciava a reagire
abbastanza bene………………………………………….. ****
A casa mia (nel frattempo), mio marito,
con l’aiuto dei nostri figli, aveva iniziato i lavori di ristrutturazione per
adeguare la casa ai miei bisogni, con ascensore e bagno a norma per portatori
di handicap, lavorava intensamente per portare a termine i lavori piu’ in
fretta possibile.
Dopo una decina di giorni sono stata
stubata, ma i miei problemi respiratori si facevano di nuovo sentire, io non
riuscivo a respirare senza l’ausilio dell’ossigeno, ero molto preoccupata per
la situazione che si andava a delineare perché dopo vari tentativi non riuscivo
ad espellere quello che avevo dentro, quindi dopo un consulto con i medici,
abbiamo concordato per una tracheotomia.
La tracheo………………….. implicava pero’ una nuova intubazione e quindi un
altro shock per me che non ne potevo piu’, a malincuore ho accettato la cosa
pur di uscire da questa fase…………………… a
qualche giorno di distanza dall’intubazione ho subito l’intervento per la
tracheo…………………. , tutto bene, ho
iniziato una nuova fase per l’aspirazione del muco che non riuscivo ad
espellere ed a poco a poco le mie condizioni miglioravano.
Dopo vari giorni e qualche segno di
miglioramento, sono stata inviata all’unita’ spinale di Negrar ………………… io
pensavo subito alla riabilitazione, ma avevo tante complicazioni di salute che
fermavano i miei progetti e quindi dopo 2 mesi di rianimazione a Mantova, mi
sono ritrovata in terapia sub intensiva, con molte restrizioni, anche riguardanti
le visite dei miei parenti. In questa situazione e un po’ lontana da casa mi
sono trovata molto spaesata e con il morale atterra, ma con il conforto dei
miei familiari ho cercato di superare questa dura fase del mio cammino verso la
guarigione, in questa stanza sono
rimasta circa 10 giorni, la mia complicazione piu’ grande riguardava una piaga
da decubito che si era formata sul sacro e mi costringeva a restare sempre a
letto sdraiata, alternandomi, prima su un fianco, poi sull’altro.
Nel frattempo l’asma non mi dava tregua e
i medici del reparto hanno deciso per una terapia d’urto a base di antibiotici
ed aereosol che smuovesse il catarro, per aiutarmi a respirare meglio, venivo
aspirata con una canula per la trachea per liberarmi dal muco e venivano i
fisioterapisti per trattarmi a letto con dei movimenti e dei massaggi adeguati,
mi insegnavano e mi aiutavano anche a respirare meglio per espellere tutto.
Col passare dei giorni e il cambiamento
della stagione (che volgeva verso l’estate ), sentivo il desiderio di alzarmi per qualche
ora, per andare in giardino e passare un po’ di tempo circondata dagli alberi e
dalla natura. Per qualche giorno, con una sedia a rotelle, sono scesa in
giardino, ma la piaga che avevo sul sacro peggiorava ogni volta che vi rimanevo
seduta sopra, medici e infermieri mi dicevano che era una delle piaghe da
decubito più brutte che loro avessero mai visto, ogni tanto mi chiedevano se
volevo vederla, ma sinceramente io non ne ho mai avuto il coraggio. Mi era
stato consigliato di rimanere a letto per non peggiorare la situazione. Dopo un
primo passaggio (per una pulizia alla piaga) in sala operatoria, sono uscita
dalla camera della terapia sub intensiva e mi hanno trasferita in un’altra
stanza del reparto. Uscire dalla terapia sub intensiva, mi sembrava gia una
piccola vittoria, quel repartino sembrava un piccolo mondo nel quale una
persona si sentiva anche un po’ prigioniera, la nuova stanza era aperta e
libera da barriere.
In questa stanza, ero in compagnia di una
signora (Maria Laura) che a causa di un tumore e in seguito ad un ictus era
rimasta paraplegica e aveva perso anche l’uso della parola, aveva sempre gli
occhi fissi al cielo, ma secondo me capiva quello che le dicevano i suoi
parenti e i medici che la seguivano.
Speravo di poter evitare l’operazione di chirurgia plastica
(dopo il passaggio in sala operatoria per la pulizia) ma evidentemente l’operazione era l’unica soluzione che mi rimanesse per
uscire dal tunnel…………………… .Questa pulizia e le precauzioni che avrei dovuto
osservare, servivano solo ad arrivare all’intervento nelle migliori condizioni
possibili, ho trascorso quasi un mese in questa stanza, anche perché ero in
isolamento per un virus che avevo contratto, gli infermieri che mi seguivano e i
parenti che venivano a farmi visita, dovevano indossare un camice sterile per
evitare di trasmettere e di portare in giro dei germi. In questo mese che ho
sempre trascorso in questa stanza, ho passato anche alcune notti in cui ho
dovuto chiamare gli infermieri di turno, sentivo dolori allo stomaco e quindi
avevo paura che potesse dipendere dall’operazione, venivano a vedermi i medici
di turno e mi tranquillizzavano, poi con alcune gocce riuscivo di nuovo a
prendere sonno e al mattino ero più tranquilla. Sono poi stata trasferita in
un’altra stanza del reparto, dove le regole erano meno rigide, insieme a me
hanno spostato anche una ragazza di nome Katia, abbiamo iniziato a fare
amicizia. Mi hanno anche applicato sul
sacro una macchina chiamata VAC che risucchiava dalla parte malata un
siero………………… mi hanno permesso di
scendere in palestra per qualche giorno, ma le cose non andavano tanto bene,
quindi hanno tolto la macchinetta e sono rimasta a letto portando pazienza per
arrivare all’intervento.
(Eravamo+/- alla 1°
settimana di giugno). L’intervento era stato fissato per il 13 luglio, mi
sembrava un’eternità, dal momento che non potevo alzarmi dal letto, ma ormai
ero decisa ad andare fino in fondo per risolvere il problema, anche perché se
non superavo questo ostacolo non potevo affrontare la fisioterapia che mi
serviva per rimettermi un po’ in forma.
I giorni che precedevano l’intervento erano durissimi da
superare, essendo nel periodo estivo, gli altri pazienti uscivano in giardino,
io no, però mio marito veniva a trovarmi a giorni alterni e mi faceva tanta
compagnia, poi mi portava la frutta dei
nostri alberi, aveva un profumo e un sapore che mi ricompensava, almeno in
parte, della mia sofferenza.
Ricevevo spesso le
visite di parenti e amici, così pian
piano i giorni passavano e la data dell’intervento si avvicinava. Venivano
spesso a trovarmi anche i miei genitori e ricordo sempre mia madre che ad ogni
occasione mi lasciava sempre 3 baci su una mano, era il suo modo di mostrarmi
il suo affetto e dirmi che mi voleva
bene, sembrava che volesse dirmi: coraggio, pian piano ce la farai e tornerai a
casa.
Ero in una stanza a 2 letti con la mia amica Katia(I love
jou), faceva molto caldo e ci facevamo
compagnia chiacchierando molto e guardando la TV, lei ogni tanto scendeva in
giardino con la sedia a rotelle e quando saliva mi portava il caffè…………………….
lei era molto devota e mi diceva sempre che quando era in giardino si fermava davanti
alla madonnina e diceva una preghiera per me…………………..
Un giorno mentre io e Katia eravamo a letto, nella nostra
stanza, ho ricevuto una telefonata, era mio figlio Paolo, mi informava di aver
ritirato i risultati delle analisi di sua moglie Luigia, la gravidanza era
positiva, erano molto felici per la notizia e anch’io, ho pianto di gioia tutto
il giorno, ero talmente felice che non riuscivo a credere di poter sentire una
notizia più bella, ho telefonato subito a mio marito che ha appreso con gioia
la notizia.
Nel frattempo siamo state trasferite in una stanza a 4
letti, io, Katia e Carlotta. Dopo qualche giorno è arrivata Ornella che per un
intervento alle emorroidi, con un’anestesia spinale si era ritrovata con le
gambe che non la sorreggevano più, per un errore durante l’anestesia.
Katia era vittima di una caduta dalle scale di casa, si era
fratturata bacino, talloni e le avevano dato 40 punti nella schiena,
fortunatamente il suo midollo non aveva subito danni, è stata operata a Verona
e dopo un mese , circa, è stata trasferita a Negrar per la riabilitazione.
Carlotta ( 18 anni), era caduta in motorino con il suo fidanzato
riportando una grave lesione alla colonna vertebrale, mentre era in ospedale è
riuscita a portare a termine i suoi studi e a conseguire la maturità,
successivamente è riuscita ad iscriversi alla facoltà di medicina e chirurgia
dell’università di Ferrara entrando, (con una prova scritta), nel numero chiuso
degli studenti immatricolati.
Col passare dei giorni, tra di noi si era creato un feeling
che ci univa giorno dopo giorno e quando eravamo insieme nella stanza,
nonostante i nostri problemi, non facevamo altro che ridere e scherzare, al
punto che ci sentivano lungo tutto il corridoio e gli infermieri ci sgridavano
……………… perché con tutta la nostra euforia ci sentivano anche nell’altra ala dell’ospedale. Avranno
anche pensato che, con tutti i nostri problemi, c’era ben poco da stare
allegri, ma spesso e volentieri quando
passavano per le medicazioni si fermavano a parlare e scherzare con noi perché
la nostra allegria era diventata contagiosa……………………………………….
In questi mesi ho dovuto mettere a dura prova la mia
pazienza perché, rimanendo sempre a letto, non avevo più muscoli e vene, e per qualsiasi tipo di esame non si
riusciva a trovare il modo per
trasfondere i medicinali e le sacche di sangue, io ero disperata e soffrivo
talmente tanto che nei momenti delle terapie non sapevo più a quale santo
rivolgermi per non sentire quel dolore.
Ho chiesto un permesso speciale per alzarmi la sera del 6
luglio per festeggiare il compleanno di mio figlio Luca e ci siamo seduti
insieme (in sala TV) per mangiarci una pizza insieme a mio marito, Luca e
Martina. Per l’occasione erano venuti a trovarmi anche Paolo e Luigia con il
fratello, la moglie e le bimbe. Abbiamo mangiato insieme, pizza e dolce, perché
mancavano pochi giorni all’operazione e quindi avrei dovuto seguire solo la mia dieta (priva di scorie),
senza verdura, frutta e alimenti di ogni altro tipo.
E’ arrivato il 13 luglio, giorno dell’intervento di
chirurgia plastica e dopo alcuni giorni di dieta liquida e lassativi, sono
andata in sala operatoria, l’intervento è stato eseguito (per mia espressa
volontà) in anestesia generale e al mio risveglio sono stata riportata nella
mia stanza, tutto bene, avevo i drenaggi, venivano a controllarmi spesso e
tutto era nella norma. Hanno iniziato ad alimentarmi con una dieta (per 2-3
giorni) priva di scorie, e dopo qualche giorno sono tornata ad un’alimentazione
normale. Per mangiare, non mi potevo sedere, quindi mangiavo stando sempre
sdraiata e alternandomi su di un fianco e poi sull’altro, alzando solo un po’
la testa (questo per 20 giorni). Il 18 luglio era il compleanno di mio figlio
Paolo, ma non potevo alzarmi dal letto perché l’operazione era troppo recente,
tuttavia abbiamo mangiato una pizza insieme. Mia nuora Luigia, quella sera non
c’era perché la gravidanza le aveva dato qualche problema e non si era sentita
molto bene.
A distanza di alcuni giorni dall’intervento, c’erano 2 punti
che mi davano qualche problema perché si erano formati 2 ematomi, perdevo sangue, i miei valori, a causa delle
perdite (di sangue) si erano notevolmente abbassati, sono ritornata in sala
operatoria e hanno sistemato tutto. Hanno inserito anche una vena centrale
vicino al collo per potermi alimentare meglio con le varie terapie e qualche
trasfusione (di sangue). Dopo aver passato 20 giorni sdraiata a letto per
guarire più in fretta, finalmente , ho potuto alzarmi per andare in palestra.
I miei parenti venivano a trovarmi, mio fratello e mia cognata
portavano spesso i nostri genitori e una sera durante il tragitto verso
l’ospedale, mio padre era un po’ silenzioso, mentre di solito era molto
loquace, parlava molto e notava ogni cosa. Arrivati davanti all’ospedale di
NEGRAR, quando mio fratello gli ha aperto la portiera dell’auto, è crollato
atterra senza vita, mio fratello era molto spaventato e si sentiva impotente
per poterlo aiutare, piangeva, si apprestava a chiamare aiuto quando in quel
momento , stava uscendo dall’ospedale, per fine turno di lavoro, un infermiere
(soprannominato Schumacher) che lo ha soccorso immediatamente, praticandogli un
massaggio cardiaco, l’infermiere ha avvisato l’interno e sono venuti subito a
prenderlo per trasportarlo in pronto soccorso e prestargli le prime cure, ma
nel giro di mezz’ora per una nuova crisi gli hanno avviato il cuore una seconda
volta, fortunatamente con successo. Mio fratello e mia cognata erano con mio
padre per controllare la situazione, mia madre era con me, vicino al mio letto,
in attesa di saperne di più.
Eravamo li molto preoccupate, mano nella mano, cercando di
non pensare al peggio, cercavo di sostenerla, ma capivo che la sua mente era
altrove, ed era ansiosa di sapere come stava mio padre. Ho telefonato a mia cognata
(che si trovava nell’altra ala dell’ospedale) per venirla a prendere ed
accompagnarla a vedere come andavano le cose. Dopo averlo visto in condizioni
abbastanza stabili, si è tranquillizzata, mio padre è stato ricoverato in
terapia intensiva, dopo avergli tenuto compagnia per un po’, sono passati a
salutarmi e sono tornati a casa. Le condizioni di mio padre si sono
stabilizzate, ha passato una notte tranquilla, quando si è svegliato, il giorno
dopo, è stato trasferito in cardiologia, ma lontano da casa si sentiva spaesato
e non riusciva ad accettarlo, era entrato in stato confusionale.
Ha passato qualche giorno un po’ convulso, fino a quando,
hanno deciso di applicargli un pace-maker per stabilizzare le sue condizioni
cardiache. In seguito all’intervento è migliorato notevolmente e nel giro di
pochi giorni è ritornato a casa.
Nei giorni in cui è stato ricoverato andavo a trovarlo, dopo
essere andata in palestra, mattino e pomeriggio, con la carrozzina, percorrevo
il tunnel che mi portava nell’altra ala dell’ospedale. Era molto felice quando
mi vedeva arrivare. C’erano sempre anche gli altri familiari e si sentiva più tranquillo…………………..
Il primo venerdì che sono tornata a casa in permesso, mentre
aspettavo mio marito che doveva venirmi a prendere, sono andata da mio padre
per vedere come stava e salutarlo, c’erano già i miei parenti e all’improvviso
nella stanza, ho visto entrare mio marito insieme ai nostri 2 ragazzi, mi sono
venuti a prendere tutti insieme, per me è stata una grande emozione. Siamo
rimasti un po’ a chiacchierare, tutti insieme, poi io, mio marito e i ragazzi
siamo tornati a casa, ………………. Percorrere la strada del ritorno dopo tutti quei
mesi era una cosa incredibile, l’unico rammarico era quello di aver lasciato in
ospedale mio padre, che comunque stava molto meglio. Mentre eravamo in macchina
sulla via del ritorno, sentivo la mia famiglia molto vicina, come se mi
avvolgesse in un caldo abbraccio, la strada che mi portava verso casa sembrava
ancora più bella. Nel frattempo, in
occasione del mio primo week-end, (a casa), eravamo a casa dei miei genitori
(mio padre infatti era appena stato dimesso) e, mio figlio Luca, scherzando, mi
ha fatto notare come la sua compagna Martina fosse un po’ più tonda del solito
e dicendolo rideva, così ho capito che c’era in arrivo un altro
nipotino………………………………………………
Con queste 2 notizie, le mie condizioni potevano solo
migliorare, la mia felicità era indescrivibile, dopo tante sofferenze, questi 2
arrivi erano la migliore cosa per trovare il coraggio e andare avanti.
Dopo il miglioramento, Ornella è stata dimessa e trasferita
in un centro vicino a casa sua, dopo pochi giorni è stata dimessa anche Katia e
il suo posto(letto) è stato occupato da una ragazzina (Ilaria) che aveva subito
un incidente, ma è rimasta ricoverata solo pochi giorni. Dopo la partenza di Ornella,
il suo letto è stato assegnato ad una signora che veniva da Torino, Maria
Angela, lei era paraplegica già da qualche anno per un’ anestesia sbagliata e
poi alcune operazioni conseguenti l’anestesia (sempre sbagliate). Soffriva
molto per i dolori che sentiva alle gambe ed era venuta a provare delle nuove
cure per cercare di migliorare le sue condizioni di vita. Mentre si trovava li
in ospedale, è stata sottoposta a vari interventi alle gambe, ma non sono
sempre andati bene, di notte riposava poco perché non sapeva come tenere le
gambe per i forti dolori.
Nello stesso periodo si è saputo che mio fratello Franco
aveva un problema ad un rene, quello sinistro, una massa tumorale glielo
copriva completamente, dopo vari esami e controlli, si è fatto operare a Carpi,
dove oltre alla massa tumorale, gli hanno tolto anche il rene. L’operazione è
stata abbastanza pesante ma è andato tutto bene, ha cominciato a ristabilirsi
subito e via via le sue condizioni andavano migliorando. Dopo pochi giorni è
stato dimesso ed ha iniziato la sua convalescenza a casa.
Pochi giorni dopo è stata dimessa anche Carlotta,quindi
rimanendo solo in 2 donne non c’era più
ragione di rimanere nella stanza a 4 letti e siamo state trasferite di nuovo in
quella a 2 letti. Pian piano, si avvicinava anche la data delle mie dimissioni
(22 ottobre) ed io scendevo in palestra cercando di lavorare nel miglior modo
possibile, per tornare a casa nelle migliori condizioni…………………………………… arrivavo in palestra e mi davo da fare senza
perdere tempo, i fisioterapisti erano contenti, vedendomi lavorare in quel
modo, ma a forza di tirare avevo braccia e spalle con dolori terribili, per un
po’ di tempo non riuscivo nemmeno a toccarle.
Agli inizi di settembre (circa), mi hanno tolto il catetere
fisso e ho iniziato a prendere conoscenza con il cateterismo (che in camera
chiamavamo scherzosamente catechismo). Fino ad allora ignoravo completamente
che cosa volesse dire vescica neurologica. Gli infermieri ci insegnavano come
svuotare regolarmente la vescica, ogni 5 ore circa, (con un catetere), le prime
volte era molto strano, non eravamo abituate a questo tipo di manovra, ma
gradualmente si fa l’abitudine anche a questo tipo di pratica.
In quel periodo, ogni venerdì pomeriggio, partivamo con un
pulmino per andare a Verona in un centro sportivo chiamato San Marco per una
riabilitazione chiamata sport-terapia, era faticosa, ma molto divertente e
alternativa a quella che di solito si faceva nella palestra in
ospedale……………………………, ci insegnavano ad essere abbastanza autonomi su alcuni
tipi di percorsi, si giocava a basket, con carrozzine professionali, si faceva
tiro con l’arco, e chi poteva andava anche in piscina, quando tornavo dal
centro sportivo San Marco, aspettavo mio marito che mi preparava la valigia per
il permesso settimanale che mi dava l’opportunità di tornare a casa per il week-end.
I 2 giorni che trascorrevo a casa con la mia famiglia, erano
preziosi, ma passavano velocemente, al punto che dovevo assaporare ogni minuto
che volava via. La gara dei parenti che ci invitavano a pranzo o a cena era una
girandola interminabile e un po’ per volta, nelle varie settimane, siamo
riusciti ad accontentare tutti. In occasione di 1 di questi permessi cadeva il
mostro 34° anniversario di matrimonio e noi ne abbiamo approfittato per
prenderci un giorno da soli per andare al mare, dopo tutto quel calvario mi
sembrava un sogno. Abbiamo trascorso una giornata bellissima, non potevo fare
il bagno, ma in compagnia di mio marito mi sentivo appagata e iniziavo a
pensare al futuro…………………………………….
A 2 settimane dalle mie dimissioni sono stata sottoposta ad
alcuni esami di controllo, tra i quali un eco addominale dal quale veniva
evidenziato che avevo un rene affaticato (stanco), ho chiesto al tecnico
radiologo che significato avesse questo affaticato, lui mi ha risposto che mi avrebbe spiegato
meglio la situazione il mio medico, il quale mi spiegò che per rene affaticato,
intendeva un rene privo della sua funzionalità. Per capire meglio com’era la
situazione, mi prescrisse una scintigrafia. Dopo qualche giorno, la scintigrafia
evidenziò che il mio rene destro aveva una funzionalità del 90% , mentre quello
sinistro funzionava solo al 10%. Dopo
aver appreso la notizia, ho telefonato a mio fratello Enzo per metterlo al
corrente di come stavano la cose, per dirgli anche di fare degli esami di
controllo ai reni poiché 2 fratelli su 3 con questi problemi facevano pensare
ad una catena che non finiva mai, ma fortunatamente dopo i controlli era tutto
in ordine.
Ho chiesto al medico cosa potevo fare per i miei problemi
renali, ma a parte una dieta equilibrata, avrei dovuto fare un controllo
annuale per accertarmi che la mia situazione non peggiorasse, niente altro.
Nonostante tutti i miei problemi di salute, ormai non vedevo l’ora di tornare a
casa definitivamente, nel frattempo tornavo a casa ogni fine settimana, ma
quando dovevo rientrare in ospedale , non potevo fare a meno di lasciarmi
andare in un pianto a dirotto, ma pensando che la settimana passava in fretta, mi tornava
di nuovo il sorriso, in attesa del prossimo week-end.
Ci sono state non poche difficoltà anche per la carrozzina e
gli ausili che mi servivano a casa, dopo un tortuoso iter burocratico siamo riusciti ad ottenere quello che ci
serviva perché mio marito non mollava mai, andava per gli uffici a litigare con
chiunque ostacolasse il nostro percorso. E’ stato molto difficile ottenere il
tipo di carrozzina scelto (con gli addetti della riabilitazione), perché avendo
più di 50 anni, essendo una carrozzina super leggera, di solito veniva
assegnata solo a studenti o giovani lavoratori, io avrei dovuto accontentarmi
di qualcosa di molto più pesante da spingere, e con i problemi di salute che
avevo non era giusto, al che il medico del mio reparto mi preparò una lettera
da consegnare alla ASL della mia zona, nella quale veniva evidenziato il mio
stato di salute. Mio marito consegnò la lettera, ma dovette combattere molto
per riuscire ad ottenere quanto serviva…………………………………….
La mia casa era stata opportunamente modificata per le mie
esigenze, grazie a mio marito e ai miei figli, con ascensore e bagno a norma
per portatori di handicap.
Prima di tornare a casa, ho salutato tutti in palestra, e
tutti quelli che mi conoscevano, ho salutato anche la mia amica Mary, ci siamo
fatte la promessa di ritrovarci più avanti per parlare un po’ del nostro
passato e dei nostri problemi………………………………………………
Ho saluto anche
alcuni medici increduli fin da quando sono entrata in ospedale, avevano pensato
che non sarei mai riuscita a recuperare in così poco tempo, infatti a mio
marito, primari e medici, avevano parlato di una degenza più o meno di un anno.
Mi sono lasciata alle spalle un’avventura durata 6 mesi, consapevole comunque
che la mia vita a casa non sarebbe stata tanto facile, c’erano infatti da
affrontare nuovi problemi come il cateterismo a orari definiti, la peristalsi
quotidiana, la fisioterapia e un sacco di altri problemi di ogni
tipo…………………………………….
Mio marito era sempre con me e mi dava coraggio per andare
avanti, un cammino lungo e difficile, ma vedendo tutti i giorni la mia famiglia
cercavo di superare questo brutto momento per potermelo lasciare alle spalle.
La mia vita continuava e l’inverno passava in fretta con la
mia famiglia, la fisioterapia, qualche incontro con gli amici, ecc.
ecc…………………..l’anno nuovo è arrivato e ci auguravamo che fosse di buon auspicio,
dopo un difficile e pesante 2010, speravamo tutti che il 2011 nascesse sotto
una buona stella, se tutto andava come previsto, a marzo saremmo diventati
nonni di 2 splendidi nipotini……………………..ma le cose a volte non vanno come si
pensa, il 6 febbraio, con 40 giorni di anticipo, nasce con parto cesareo
urgente, Mario, figlio di Paolo e Luigia, prematuro,(un po’ sotto peso) ma
senza problemi, quindi dopo pochi giorni trascorsi in patologia neonatale
cresceva bene ed arrivava a casa dove lo aspettavamo tutti con tanta gioia.
I giorni passano e in marzo, il giorno 19, nasce Raul,
figlio di Luca e Martina. Raul è nato a termine e del peso adeguato, quindi
dopo 4 giorni è tornato a casa. Nel giro di pochi giorni siamo diventati nonni
2 volte, la gioia che abbiamo provato è stata indescrivibile, era il
completamento di un cerchio che ci rendeva orgogliosi al punto che non
pensavamo di poter provare uno stato d’animo simile………………più passano i giorni,
più questo ci fortifica……………………………………..
Aspettando l’estate, qualche problema si è presentato,
uscendo dalla porta di casa, mi sono ribaltata con la carrozzina e ho battuto
il ginocchio destro, cadendo ho sentito un tonfo sordo, ma nessun dolore,
quindi non pensavo che fosse successo qualcosa, il ginocchio però si gonfiava,
dopo vari esami che non hanno dato nessun esito e dopo averne parlato con il
medico di famiglia abbiamo pensato di approfondire la cosa con un ricovero in
ospedale. Con il ricovero, abbiamo iniziato a fare degli accertamenti, una
lastra ha evidenziato la frattura del femore vicino al ginocchio, mi è stato
consigliato l’intervento chirurgico, io, se pur con rassegnazione, non vedevo
l’ora che arrivasse il giorno dell’intervento per togliermi il pensiero e
risolvere anche questo problema. Tutto bene, dopo qualche giorno
dall’intervento sono ritornata nel reparto di riabilitazione dove ho trascorso
circa 20 giorni, in questi 20 giorni ho fatto un po’ di movimento per la
mobilità del ginocchio ed esami per controllare i miei valori e la mia terapia
anticoagulante orale.
In ospedale, il tempo trascorreva lentamente perché non
c’erano molte attività di svago, le notti erano interminabili, poiché la sera
alle 20 ero già a letto e mi potevo alzare solo al mattino con l’ausilio del
sollevatore. Durante il giorno, dopo la fisioterapia, ero libera e trascorrevo
il tempo andando in giro con la carrozzina o leggendo ed ascoltando musica.
Sono tornata a casa ed ho eseguito un controllo dopo un
mese, piano piano il ginocchio è tornato alla normalità……………………………………
Il tempo stà trascorrendo nell’attesa che andando avanti si
riesca a vedere qualche miglioramento, ma più i giorni passano, più la
speranza……………………………….., io lotterò con tutte le mie forze, farò tutto quanto mi
sarà possibile per riuscire ad ottenere qualche risultato, ma…………..???? ??
?? ?? ??
La vita continua…………………………………….
(ED INFINE) :
Un particolare ringraziamento a tutto il personale sanitario
: medico, infermieristico e fisioterapistico che in tutti questi mesi mi è
stato vicino e mi ha sostenuto e aiutato a prendere coscienza di questo nuovo
stile di vita………………………………………………………
IO SONO QUI…………………………………………..
La felicità di poter
Aprire gli occhi ogni giorno
Per vedere……………………………..
Per pensare…………………………………….
La meraviglia di tutto quello che ti circonda
Ti da quella forza per dire grazie
A tutti quelli che ti hanno aiutato
E a chi lo fa ogni giorno………………….
Passo dopo passo……………………
GRAZIE (CIOPA)
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